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Il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44-52)

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luglio '11

La vita è una caccia al tesoro. Bella storia.

E abbiamo in tasca le istruzioni, a saperle leggere. La mappa è offerta a tutti, gratuitamente. E invece, tontoloni, siamo lì, col naso per aria, e diamo retta ai tanti che ci vogliono vendere le istruzioni per la felicità. Diamo retta ai venditori di fumo, agli esperti di tutto, che ci spiegano che, per essere felici, abbiamo bisogno di una macchina più grande, di un corpo più snello, di uno stipendio milionario. La cosa tragica è che molto credono a questa pia illusione! Matteo scrive questa pagina trent'anni dopo avere lasciato tutto. Ha trovato il tesoro mentre lavorava nello spinoso campo della riscossione dei tributi; lì ha incontrato lo sguardo del Nazareno, l'ospite di Simone il pescatore, il falegname che si era preso per un profeta. Il Messia si era avvicinato al banchetto delle imposte, senza odio, come facevano tutti, senza timore, e gli aveva chiesto di lasciare tutto e di seguirlo così, senza paura. Ed egli lo aveva fatto, senza sapere bene il perché. Da allora la sua vita era cambiata. Pensava di avere in tasca una perla preziosa: soldi, rispetto, conoscenza altolocate; nello sguardo sorridente di Gesù aveva visto cos'era davvero il tesoro. Anche noi pensiamo di sapere in che cosa consista la nostra felicità, crediamo di avere individuato il tesoro e investiamo energie e intelligenza per trovarlo. Siamo proprio sicuri di sapere cosa ci riempie il cuore?

Salomone

Salomone è giovane ed eredita da suo padre Davide un regno in difficoltà: i nemici premono ai confini e il piccolo popolo di Israele è diventato una delle potenze dell'epoca, lotte intestine dilaniano la corte e Davide stesso ha sperimentato il dolore lancinante di vedere il proprio trono assediato dai suoi figli. Salomone, figlio della preferita, Betsabea, è stato scelto. Lui, ora, regna. Ha di fronte a sé un compito immane: proteggere e governare il popolo, far costruire il tempio. È giovane, molto giovane e ha bisogno di aiuto. Dio gli farà un dono. Salomone chiede in dono la capacità di agire con saggezza. Grandioso! Se trovassimo la famosa lampada di Aladino cosa chiederemmo? Salute, ricchezza, amore, serenità? Salomone chiede la saggezza di governare un popolo, non per sé, ma per gli altri. Quando parliamo di tesoro nella nostra vita, quando cerchiamo la felicità, abbiamo bisogno di saggezza per fare le scelte giuste.

Tesori e perle

Per la terza domenica consecutiva la liturgia ci consegna una pagina di parabole. Gesù usa le parabole per facilitare la comprensione del mistero di Dio. Usando immagini conosciute a quanti lo ascoltano, il Signore dimostra la sua capacità comunicativa e la sua volontà. Imparassimo da lui a parlare di Dio, invece di sfoggiare elaborati linguaggi teologici incomprensibili ai più! Tre sono le piccole parabole di oggi. La prima e l'ultima parlano di qualcosa di prezioso, che cambia la vita alle persone. Un uomo trova un tesoro mentre sta scavando, ricopre il tutto e compra il campo. Un collezionista di perle, l'oggetto più prezioso in antichità, come sono per noi oggi i diamanti, trova una perla straordinaria e la compra. L'idea di fondo è la stessa: la vita è una ricerca, e Dio solo conosce ciò che può riempire i nostri cuori. Solo Dio sa cosa ci rende profondamente felici, autenticamente felici. A volte incontriamo Dio senza cercarlo, come fa quel tale che trova il tesoro zappando. Altre volte, invece, l'incontro con Dio è l'approdo dopo una lunga e laboriosa ricerca che può durare tutta la vita. Cosa stiamo cercando? Stiamo ancora cercando? Nel cuore dell'estate il Signore si propone come colui che, unico, colma il nostro cuore.

Reti e pesci

Sul lago di Tiberiade la pesca avveniva a strascico. Una volta giunti a riva i pescatori dovevano fare una cernita, rigettando in mare i pesci impuri o non commestibili. Così è la dinamica spirituale: una volta scoperto il tesoro, rapiti dall'entusiasmo, ci mettiamo alla sequela del Signore. Ma occorre fare una cernita delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti, come il campo seminato a buon grano cresce con la zizzania, così la nostra vita spirituale cresce con fatica, dopo l'adesione degli inizi. La costanza nasce dalla meditazione della Parola, dalla frequentazione del Signore, dalla compagnia della comunità. Ma, per oggi, facciamo memoria del momento in cui abbiamo trovato il tesoro e trovato la perla. E se questo non è ancora avvenuto, diamoci da fare!

(Paolo Curtaz)

Chi ha orecchi, ascolti!

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luglio '11

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura. (Mt 13,24-43)

La Parola seminata cresce spartendo il campo con la tenebra, l'oscurità, la zizzania. È l'esperienza che tutti i figli della luce fanno prima o dopo: dopo duemila anni di Vangelo, proprio nei paesi tradizionalmente cristiani, l'erba malvagia sembra soffocare l'annuncio di salvezza.

In equilibrio fra delirio di onnipotenza per cui il male è sensazione soggettiva, ed un vetero-moralismo che troppe volte rende noi cristiani rabbiosi farisei, la Parola di Dio squarcia le tenebre con un'idea immensa, quella della pazienza. La pazienza richiama il dolore (il patire da cui deriva la parola) e l'attesa. Pazientare è attendere con dolore, sapendo che il male avrà fine. Viviamo sulla nostra pelle la contraddizione del male che coabita col bene, anche nei nostri cuori, e il Signore ci chiede di lasciar fare a lui. Ne siamo coinvolti, ovviamente, ne soffriamo, non gettiamo le armi, continuiamo a coltivare, ma sappiamo che il mondo non può essere un bel prato all'inglese o un giardino zen. Pazienza figli del regno, pazienza, lasciate fare a Dio il suo mestiere. Pazienza, discepoli del Maestro, viviamo tempi bui, in cui la ragione e la fede devono farsi strada con fatica in mezzo all'indifferenza e all'insignificanza. Pazienza, discepoli del Nazareno, la guerra è già vinta, il giorno è avanzato, la verità, come torrente sotterraneo sta raggiungendo il mare. Pazienza, amico che leggi, se ti sembra che troppe tenebre ancora rovinino la tua vita: abbiamo tutta la vita per imparare a vivere, pazienza se pensavi di essere un prete migliore, un catechista migliore, un marito migliore; talvolta la bruciante esperienza del limite ci spalanca la diga della misericordia. E ci rende simile a questo saggio padrone del campo.

Ecco, il seminatore uscì a seminare (Mt 13,1-23)

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luglio '11

Il seme della Parola

Nel cuore dell'estate parliamo della Parola. Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che scrolla, che consola. Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle profondità di noi stessi, fino negli abissi dei cuori, per giudicare e illuminare, per svelarci il vero volto di Dio, per svelarci a noi stessi. Parola che ascoltiamo tutte le domeniche, che ho fatto diventare mia luce e mio lavoro, che spezzo da questo pulpito di bytes a migliaia di curiosi e di discepoli. Parola solennemente riconsegnata al popolo di Dio dopo il Concilio ma che, purtroppo, ancora resta sconosciuta ai più, anche ai credenti, anche ai cristiani. Sconforta vedere così tante persone ignorare i vangeli e seguire la profezia dell'ultimo veggente di turno, rattrista ascoltare tante prediche che parlano di tutto, fuorché commentare la Parola solennemente proclamata, inquieta vedere la Chiesa citata per le sue impopolari posizioni etiche e non leggerla mai quando, fedele al mandato ricevuto dal Signore, proclama la Buona notizia. All'inizio dell'estate la Parola riflette sulla Parola, per ricordarci che Dio non si stanca di noi, che l'efficacia delle sue parole non sono determinate dalla nostra capacità di ripeterle, ma di accoglierle.

Una Parola efficace

Isaia, il terzo Isaia, parla allo scoraggiato popolo di Israele profugo in Babilonia. Sono passati molti decenni dalle promesse di ritorno fatte dal profeta Ezechiele, nessuno pensa seriamente che si possa tornare a Gerusalemme, ormai. La profezia, allora, si alza con fermezza: la pioggia e la neve fecondano la terra e tornano in cielo solo dopo avere compiuto la propria missione. Così sarà della Parola di Dio. Certo: i tempi di Dio non sono i nostri, ma l'efficacia delle sue promesse è indiscutibile. Isaia invita anche noi, esiliati dal Regno di Dio, a non scoraggiarci in questi tempi difficili, ma a perseverare nella lettura e nella meditazione quotidiana della Bibbia. Forse la Parola che studiamo e ascoltiamo, che approfondiamo e preghiamo, al momento, non ci dice nulla. Ma, credetemi, l'ho sperimentato cento volte, una Parola accolta nel cuore torna alla mente quando meno ce lo aspettiamo. È efficace la Parola di Dio, ma se non la conosciamo, se la ignoriamo, se la lasciamo accanto alle tante, troppe parole umane, non può fecondare il nostro cuore e portare frutto.

Il seminatore

La parabola del seminatore è una delle pochissime ad essere spiegata direttamente dal Signore. Che ne parla in un momento non semplice della sua missione, in cui davvero ha la triste impressione che le sue parole siano travisate o scordate. È una parabola dai tratti cupi, problematici, davvero sembra che l'efficacia della sua predicazione sia sconfitta dalle distrazioni, dalle preoccupazioni, dall'opera dell'avversario. Ma la cosa che stupisce è che, nonostante questo, il padrone getti il seme con abbondanza. Anche sulle pietre, anche fra i cespugli. È la memoria della tecnica di semina dell'epoca in cui prima si gettava il seme e dopo si mischiava alla zolla con l'aratro. Ma quello che resta di questa immagine è l'ottimismo di Dio che continua a seminare la sua Parola in questo mondo che ci soffoca di parole, tante, troppe, che la relega a testimonianza di una religiosità arcaica e popolare, come se fossero parole inutili, che fanno sorridere per la loro disarmante ingenuità. No, la Parola non è affatto ingenua e continua a illuminare, anche se cade sulla pietra. Non ditelo a me! Quante volte ho visto crescere degli imponenti larici in cima ad un masso di granito, quante volte ho assistito allo spettacolo emozionante delle radici che letteralmente spaccano in due la pietra più compatta d'Europa!

Risultati

Ha ragione il Maestro quando dice che spesso la Parola è portata via dal nemico. Un esempio? Quale vangelo abbiamo letto domenica scorsa? Ci vuole ostinazione e costanza per ricordarci della Parola e qualche trucco da discepoli navigati (io tengo il vangelo del giorno sotto il cuscino!). Ha ragione quando dice che, spesso, la Parola deve fare i conti con le preoccupazioni e le ansie della vita. Quante persone cadono dalle nuvole quando cerco di illuminare le loro scelte con le parole del Signore e mi rispondono, candidamente, che la vita è un'altra cosa! Ma, grazie al cielo, la Parola porta anche frutto, e in abbondanza. Porta frutto in chi, leggendo la parabola, si è riconosciuto nei terreni duri e sassosi. Porta frutto chi, con sofferenza, deve ammettere che troppo spesso la Parola ascoltata è rubata o soffocata dalla vita. Perché il suo dolore manifesta il desiderio di custodirla, quella Parola, di farla crescere. E quel desiderio è il terreno giusto.

(Paolo Curtaz)

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