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Io sono mite e umile di cuore.

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luglio '11

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 11,25-30)

 In quel tempo Gesù disse:

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore

Periferie

Il risorto, la Pentecoste, il vero volto di Dio comunione, il dono del pane di vita. Il susseguirsi di queste grandi feste, memorie essenziali al nostro percorso di fede, ci ha condotti alle porte dell'estate. Il mese di luglio inizia riprendendo il vangelo di Matteo, più o meno la dove lo abbiamo lasciato, che ci accompagna nel cosiddetto tempo ordinario fino alla fine di novembre. Avremo  modo di conoscere meglio lo scriba diventato discepolo, avremo modo di cogliere la sua personale esperienza di sequela, lui, convinto delle sue scelte, ricco e temuto e che ha lasciato tutto per trovare Tutto. Estate alle porte: tempo di riposo per molti, ma non per tutti. Solo metà  degli italiani andrà  in vacanza, colpa della crisi economica che continua a mietere vittime innocenti mentre la nostra classe dirigente divaga su temi sempre meno coinvolgenti per il mondo reale. Le giornate battute dal sole, le città che si svuotano, la politica che abbandona (temporaneamente) la pugnace e irrisolta polemica e si da appuntamento a settembre, le scuole chiuse, i campi-scuola estivi delle parrocchie. Un tempo in cui non mandare in vacanza la fede, un tempo per ritrovarla, sotto l'ombrellone, in un sentiero di montagna, nella penombra del proprio appartamento in città .

Fatica divina

Un momento difficile, per Gesù. La moltiplicazione dei pani e dei pesci segna l'inizio della sua sconfitta: il discorso del pane di vita ha messo in luce il progetto per molti incomprensibile del Maestro. La folla non lo trova più molto simpatico e dubita della sua sanità mentale ma, quel che peggio, molti fra i suoi discepoli se ne vanno, anche i suoi famigliari sono preoccupati per la piega che hanno preso gli eventi e cercano di portarlo via per riportarlo alla ragione. Qui che si situa lo splendido vangelo di oggi. Gesù si guarda attorno: lo sparuto gruppo dei discepoli rimasto composto da persone semplici, dagli umili disprezzati, dal popolino. Gente dannata perchè non conosce la Legge, dirà di loro il Sommo sacerdote. Difficilmente un uomo semplice poteva anche solo conoscere gli oltre seicento precetti della Legge orale, necessari alla salvezza. Per i farisei, i puri, i perushim, il popolo era inevitabilmente condannato perchè ignorava la Legge e non poteva comportarsi bene e piacere a Dio.Da ridere.I poveri, i semplici, invece, sono per Gesù i destinatari del Regno. I saggi non hanno capito. Non i farisei, non gli scribi, non i sadducei, non la classe sacerdotale, ma gli umili. E Gesù esulta ed esalta la logica del Padre: Dio non premia i primi della classe, ma coloro che non si aspettano nulla.

Beati i poveri

Il mondo premia i ricchi e i buoni, gli intelligenti e i sapienti. La spietata concorrenza, culturale ed economica prodotta dalla nostra società  emargina milioni di persone, li mette ai confini della storia. Gli Stati Uniti possiedono il 25% della ricchezza mondiale, l'Africa l'1%. I paesi emergenti, ex-terzo mondo, producono con tassi di crescita a due cifre mentre la vecchia Europa arranca sui decimali. Ma tutto questo ha un costo impressionante e la nuova ideologia globale, l'economia liberista, accumula detriti umani. Peggio: dalle nostre parti nemmeno il merito serve. Giovani preparati, volenterosi, capaci sono marginalizzati, precarizzati, vivono nel limbo lavorativo per colpa di una classe dirigente e politica arroccata, autoreferenziale, miope ed arrogante. Metà  dei giovani avvocati e architetti d'Italia lavora gratis in grandi studi con l'illusione di trovare una sistemazione decente. A loro, agli sconfitti, ai perdenti, a quanti non hanno nulla se non il loro desiderio, si rivolge Dio. E ai tanti altri che vivono momenti di fatica, che hanno l'impressione di avere perso un treno senza che nessuno dicesse loro l'orario del suo passaggio. L'estate inizia così.

All'apice della crisi della missione di Gesù, Gesù scopre che proprio gli sconfitti incrociano lo sguardo di Dio.

Giogo

Cristo stesso sperimenta il fallimento, la precarietà . Cristo stesso deve ridisegnare i suoi progetti, assecondare gli eventi e illuminarli dal di dentro con la fede. E ci invita a prendere il suo giogo su di noi, un giogo leggero, un peso che condivide con noi. La crisi può diventare opportunità  perchè nel dolore la verità  si fa più chiara.

Periferie

Il profeta incoraggia la figlia di Sion, il quartiere "figlio" della capitale Gerusalemme sorto a Nord della città  santa e abitato dai fuggiaschi del Nord, nel 721, scampati alla furia dell'invasione assira. Una quartiere povero, una baraccopoli che, come sogna Zaccaria, accoglie l'arrivo di Dio in umile vesti. Come dice la Bibbia, con forza, i poveri e i diseredati sono beati non per la loro condizione, ma perchè Dio parte da loro per incontrare l'umanità . Così inizia la nostra estate, in compagnia di Dio che incontra i poveri e gli sconfitti, che ignora i saccenti e gli arroganti, almeno lui.

Buona estate, cercatori di Dio, abbronzatevi l'anima.

(Paolo Curtaz)  

Pietro e Paolo

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giugno '11

La festa di Pietro e di Paolo è la festa del nostro passato, del dono della custodia e dell'annuncio della fede. Pietro e Paolo: così diversi, così straordinariamente diversi! Il pescatore di Cafarnao, uomo semplice e rozzo, entusiasta e irruente, generoso e fragile e l'intellettuale raffinato, lo zelante persecutore, il convertito divorato dalla passione. Nulla avrebbe potuto mettere insieme due persone diverse. Nulla. Solo Cristo. Pietro, anzitutto; Pietro il pescatore di Cafarnao, uomo rude e semplice, di grande passione e istinto, Pietro che segue il Maestro con irruenza, poco abituato alle sottili disquisizioni teologiche, Pietro che ama profondamente Gesù, che ne scruta i passi, Pietro il generoso e che pure sa poco di diplomazia e il più delle volte interviene grossolanamente e a sproposito… Pietro che viene scelto, proprio lui, non Giovanni il mistico, per essere il capo del gruppo, per garantire nella fede i fratelli. E Paolo, così diverso da Pietro, Paolo lo studioso, l'intellettuale, il polemico, il credente intransigente e fanatico che si trova per terra davanti alla luce del Nazareno, ci ricorda l'ardore della fede, l'ansia dell'annuncio, il dono del carisma, il fuoco dello Spirito. Senza di lui il cristianesimo sarebbe rimasto chiuso nell'angusto spazio dell'esperienza di Israele, grazie a Paolo le mura sono state abbattute, grazie a lui e alla sua forza il Vangelo ha travalicato la storia. (Paolo Curtaz)  

La festa della Trinità.

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giugno '11

Medita il mistero del Dio di Gesù, un Dio che è comunione profonda.
Dio non è il solitario perfetto, l'onnipotente, il solitario Motore Immobile, il sommo egoista bastante a se stesso. Dio è festa, famiglia, comunione, danza, relazione, dono. Dio è tre persone che si amano talmente, che se la intendono così bene che noi – da fuori – ne vediamo solo uno. Abbiamo una così triste opinione di Dio! La Scrittura ci annuncia che Dio è una festa ben riuscita, una comunione perfetta.
Che bello vedere realizzato in Dio ciò che noi da sempre desideriamo: tre persone che non si confondono, che non si annullano in un'indefinita energia cosmica, ma che, nella loro specificità, operano con intesa assoluta.
A questa comunione siamo invitati come singoli e come comunità cristiana. È alla Trinità che dobbiamo guardare nel progetto di costruzione delle nostre comunità: la Chiesa (quella sognata da Dio, intendo, non lo sgorbio presente nelle nostre menti, fatta di rigidezze e sovrastrutture) è lo spazio pubblicitario della Trinità nel mondo d'oggi. Guardando alla Chiesa l'uomo si accorge di essere capace di comunione. Uniti nella diversità, nel rispetto l'uno dell'altro, nell'amore semplice, concreto, benevolo, facciamo diventare il nostro essere Chiesa splendore di questo inatteso Dio comunione. Dio è Trinità perché impariamo ad amare perché mai, soprattutto nella Chiesa, venga a mancare la misericordia e la tenerezza, perché sempre il nostro linguaggio sia riempito di tenerezza e di bene, perché il nostro giudizio sul mondo sia come quello di Cristo, folle d'amore e di desiderio di salvezza. (Paolo Curtaz)

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