Danzate, ovunque voi siate, dice Dio, perché io sono il Signore della danza: io guiderò la danza di tutti voi. Dovunque voi siate, io guiderò la danza di tutti voi. Io danzavo il primo mattino dell'universo, io danzavo circondato dalla luna, dalle stelle e dal sole, disceso dal cielo danzavo sulla terra e sono venuto al mondo a Betlemme. Io danzavo per lo scriba e il fariseo, ma essi non hanno voluto seguirmi; io danzavo per i peccatori, per Giacomo e per Giovanni, ed essi mi hanno seguito e sono entrati nella danza. Io danzavo il giorno di sabato, io ho guarito il paralitico, la gente diceva che era vergogna. Mi hanno sferzato mi hanno lasciato nudo e mi hanno appeso ben in alto su una croce per morirvi. Io danzavo il Venerdì, quando il cielo divenne tenebre. Oh, è difficile danzare con il demonio sulle spalle! Essi hanno sepolto il mio corpo e hanno creduto che fosse tutto finito, ma io sono la danza e guido sempre il ballo. Essi hanno voluto sopprimermi ma io sono balzato ancora più in alto perché io sono la Vita che non può morire: e io vivrò in voi e voi vivrete in me perché io sono, dice Dio, il Signore della danza. (Sidney Carter)
Settimana Santa: riflessione
aprile '11
Giovedì Santo – “a cena con Pietro e Giuda”.
“Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” (Gv 13,1)
Nostro fratello Pietro
Questa sera capisco Pietro e la sua riluttanza senza mezzi termini: "Tu non mi laverai mai i piedi!". Nella sua frase intravedo il rispetto e l'amore per te, Gesù: non voglio che ti inginocchi qui davanti a me, non posso tollerare che tu, il Maestro, ti comporti in questo modo. Nelle parole di Pietro io riconosco la mia vergogna nell'apparire come sono, nella mia nudità, con le mie ferite, nella mia sporcizia, con i miei sbagli, nella mia piccineria, con le mie ambiguità. Non mi piace, Gesù, che tu mi veda così come sono veramente... Ma tu mi ripeti le stesse parole che hai detto a Pietro, tu mi inviti ad abbandonarmi, a lasciarmi andare, a lasciarmi accogliere da te così come sono: non c'è nessun bisogno di fingere... Non è facile lavare i piedi a qualcuno, ma è ancor più difficile lasciarseli lavare. Non è sempre facile amare, ma è ancor più difficile lasciarsi amare. Questa sera intendo quello che tu vuoi da me: non cerchi il discepolo perfetto, ma solo un essere che si lasci amare da te, che si lasci purificare dalla tua bontà, guarire e salvare dalla tua misericordia.
Nostro fratello Giuda
Gesù chiama "amico" Giuda: questa parola dice l'infinita tenerezza della carità del Signore. Noi possiamo tradire l'amicizia di Cristo, Cristo non tradisce mai noi, suoi amici! Anche quando non lo meritiamo, anche quando ci rivoltiamo contro di Lui, anche quando lo neghiamo. Davanti ai suoi occhi, davanti al suo cuore noi siamo sempre gli amici del Signore. Lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico. Perché la Pasqua è questa parola, detta a un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi. Questa è la gioia: che Cristo ci ama, che Cristo ci perdona, che Cristo non vuole che noi disperiamo. Per Lui, noi saremo sempre gli amici. (Primo Mazzolari)
Venerdì Santo – “Sulla via della croce, sulla via dell’Amore”.
“Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.” (Gv 19,25-30)
Gesù morendo sulla croce ci insegna l’Amore
L'amore è... voler amare
L'amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Se accade che si soccomba a una tentazione, è perché l'amore è troppo debole, non perché esso non c'è: bisogna piangere, come san Pietro, pentirsi, come san Pietro, umiliarsi, come lui, ma sempre come lui dire tre volte: «Io ti amo, io ti amo, tu sai che malgrado le mie debolezze e i miei peccati io ti amo».(Charles de Foucauld)
Sabato Santo – “il giorno del silenzio.”
“Nel silenzio del cuore Dio parla. Se ti porrai di fronte a Dio nella preghiera e nel silenzio, Dio ti parlerà. Allora saprai di essere una nullità. È solo quando ti rendi conto della tua nullità, della tua vacuità, che Dio può colmarti di Sé. Le anime oranti sono anime di profondo silenzio. C'è un santissimo sacerdote, che è anche uno dei più illustri teologi esistenti in India attualmente. Lo conosco molto bene, e gli ho detto: "Padre, lei parla tutto il giorno di Dio. Quanto dev'essere vicino a Dio!". E sapete che cosa mi ha detto? Ha detto: "Può darsi che io parli molto di Dio, ma è possibile che parli pochissimo con Dio". E poi mi ha spiegato: "Posso snocciolare una quantità di parole e anche dire molte cose buone, ma nel mio intimo non ho il tempo di ascoltare. Perché nel silenzio del cuore, Dio parla". Non possiamo porci direttamente alla presenza di Dio se non pratichiamo il silenzio interiore ed esteriore. Nella natura troviamo il silenzio: gli alberi, i fiori e l'erba crescono in silenzio. Le stelle, la luna e il sole si muovono m silenzio. Il silenzio del cuore è necessario per poter udire Dio ovunque: in una porta che si chiude, nella persona che ha bisogno di noi, nel canto degli uccelli, nei fiori, negli animali. Ciò che è essenziale non è ciò che diciamo ma ciò che Dio ci dice e ciò ch'Egli dice agli altri attraverso di noi. Nel silenzio Egli ci ascolta; nel silenzio parla alle nostre anime. Nel silenzio ci è concesso il privilegio di ascoltare la Sua voce. (Madre Teresa di Calcutta)
Consiglio
In questa giornata trova almeno un’ora di tempo e un luogo adatto per vivere un momento di preghiera silenziosa. Fatti aiutare da un brano di Vangelo, oppure dialoga semplicemente con il Signore, proprio come faresti con un amico.
Ha da passà ‘a nuttata
aprile '11
Viviamo un tempo particolarissimo in cui la frammentazione del sapere, la frantumazione dei valori, l’insicurezza istituzionale ed esistenziale determinano una seria difficoltà di operare scelte. Soprattutto i giovani, ai quali è stato rubato il futuro, non sentono e spesso non possono scegliere perché non hanno alternative (la condizione base per poter operare delle scelte e prendere le necessarie decisioni). L’instabilità genera ansia per il futuro e rende il presente gramo e amaro. Riconosciamo di esserci trovati a vivere in un mondo e in un’epoca di tipica decadenza. A me questo mondo e quest’epoca affascinano. Proprio perché è il tempo della crisi, proprio perché non abbiamo un forte passato prossimo che ci sostiene e il futuro è ancora immerso nella notte mentre il presente ci sollecita a viverlo così com’è senza prospettive, tutto è nelle nostre mani, tutto dipende da noi e dalla capacità che abbiamo, come singoli ma soprattutto come gruppi, di ritornare a sognare, immaginare, progettare. Noi non sappiamo come sarà il futuro, ma dobbiamo sapere come vogliamo che sia. Per troppo tempo ci siamo assuefatti, ci siamo lasciati sopraffare da un’ingiusta impotenza (noi piccoli cosa possiamo fare! Non possiamo illuderci di cambiare le cose! ecc.); abbiamo preferito rifugiarci nel nostro piccolo mondo assaporando quelle piccole semplici cose che ci danno un minimo di sicurezza; abbiamo mortificato il respiro universale del nostro cuore e tutto ciò che è fuori della porta di casa nostra ci è diventato nemico-ostile. E contemporaneamente siamo andati alla ricerca di modelli effimeri, abbiamo accettato la logica del “mordi e fuggi”, del “anche un solo attimo di notorietà-apparenza”. Forse da un po’ di tempo c’è qualcosa che si agita, una coscienza nuova? uno sdegno che diventa sussulto di dignità, la riscoperta del valore di saper dire “no”. E ci viene in aiuto il profeta lsaia. «Sentinella, quanto resta della notte; sentinella quanto resta della notte», diventa il grido della nostra attesa, il grido dell’ansia del povero. Siamo nella notte, sappiamo che la notte passa, desideriamo vedere la luce. L’ultima scena di Napoli milionariavede la donna sconfitta e abbattuta, un gesto d’amore gratuito che viene proprio da chi è stato sfruttato, una parola densa di dolore e di speranza: «Ha da passà ‘a nuttata». Eduardo De Filippo realizza questa grande opera drammatica in una Napoli distrutta dalla seconda guerra mondiale, appena “liberata”. Questa parola non è espressione di un atteggiamento di passiva rassegnazione, porta in sé una potente carica rivoluzionaria, è il grido della speranza che nasce proprio dalla disperazione. E’ vero, siamo ancora nella notte. E’ vero pure che molto dipende da noi e dalle nostre scelte; le nostre mani, che accettano di “sporcarsi”, affrettano il giorno.
Crisi è passaggio, svolta, discernimento.
È questo il tempo favorevole per mettere in atto quegli strumenti che ci sono stati donati attraverso la spiritualità ignaziana. È questo il tempo in cui noi, con grande umiltà ma con grande coscienza che ciò che ci è stato donato non è per noi ma perché noi possiamo socializzarlo, ci dobbiamo fare “compagni” dell’uomo perché insieme possiamo “costruire il giorno” Certamente per noi sarà un impegno faticoso e forse anche doloroso ma se portiamo dentro la vita e vogliamo che venga fuori, accerteremo anche il dolore. Qualche anno fa, scrivevo:
E così lentamente si scioglie
Il grumo di pensieri e di sangue
e di un parto che sarà doloroso
finalmente avverto le doglie.
Inaridirono tutte le voglie anni di silenzio esangue
ed il cuore chiuso ed ombroso
una voce inattesa ora coglie.
Guardo il cielo d’agosto al tramonto
quando il giorno non è già più qui
e la notte a fatica s’avanza
come guerra pur vinta, già persa.
Portiamo nel cuore questa certezza e accettiamo di “sprecare la nostra vita”
P. VINCENZO SIBILIO S.I. (Cristiani nel Mondo - Cvx)