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Camminando verso Pasqua

aprile '11

Il mio viaggio verso Pasqua è incominciato.
Ho fatto tanti propositi:
rinuncerò a qualcosa,
frenerò la lingua,
sarò più paziente,
cercherò di vedere il positivo...
Ed ecco che già iniziano i problemi,
le difficoltà, le stanchezze,
la tentazione di lasciar perdere,
di rimandare al giorno dopo,
di dimenticare la mia promessa...
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
e sono già stufo e sbuffo.
Mi sono appena messo in cammino, Signore,
ma non ci credo che ce la farò...
E provo vergogna... e anche un po' di rabbia...
Ma forse... ho sbagliato tutto.
Sì... ho sbagliato a pensare
che il cammino verso Pasqua,
significhi solo una serie di impegni e di rinunce,
una moltiplicazione di sacrifici e di preghiere...
Forse, in questa Quaresima,
dovrei solo abbandonarmi a te,
lasciarmi andare a te così come sono:
fragile, incapace, limitato, peccatore.
Abbandonarmi a te, perché
tu, Signore, sei il cammino che percorro.
Tu, Signore, sei la mano che mi guida.
Tu, Signore, sei lo sguardo che mi fa percepire gli altri.
Tu, Signore, sei la bocca quando ti do testimonianza.
Tu, Signore, sei l'orecchio, che ascolta le parole non dette.
Tu, Signore, sei la strada di questa Quaresima
che mi porta incontro a te,
che mi porta incontro agli altri.
Amen.  

(Don Angelo Saporiti)

Dittature relative

marzo '11

Dopo la fine delle grandi narrazioni novecentesche, il tracollo delle ideologie, lo sbriciolarsi dei muri, è diventato difficilissimo possedere una certezza. Non si sa più se Dio esiste oppure no, se il caffè provoca l’ipertensione, se ci si impiega di meno, per andare da Milano a Roma, usando l’aereo o il freccia rossa.

Ci sono giorni in cui ci si accontenterebbe anche di una vaga idea, in cui si pagherebbe pur di avere almeno un’opinione (e voi sapete bene che l’opinione sta alla certezza come la gazzosa sta al Brunello di Montalcino). Invece niente.

Dobbiamo rassegnarci, l’Occidente dovrà imparare a vivere senza il ratto muschiato della Martinica (estinto nel 1901), senza il trifoglio cangiante delle valli Orobiche (avvistato l’ultima volta nel 1927) e soprattutto senza certezze. Vi sembra impossibile che l’uomo occidentale, con tutti i progressi che ha costruito, non riesca a estrapolare dal cervello un concetto che duri più di due ore e quaranta senza essere confutato e invalidato? Cercherò di dimostrarvi che il nostro cervello, a volte, è meno efficiente di uno scaldabagno pieno di calcare.

Uno degli argomenti più indicati per misurare il grado di certezze smarrite è Gheddafi. Provate a pensare allo sforzo che la materia grigia di politici e diplomatici italiani ha dovuto sopportare in questi decenni: negli anni 70-80 il rais di Tripoli era considerato un pericolosissimo terrorista, ma nel contempo gli si vendevano quote consistenti di azioni di nostre aziende automobilistiche che erano lì lì per fallire, e quindi doveva esser diventato una brava persona; talmente brava che, visto il suo invidiabile conto corrente, si è pensato di fargli comperare anche qualche pezzo di banca nostrana. Insomma, un salvatore della patria.

Già a questo punto un cervello normale sarebbe in sofferenza, ma non quello dei diplomatici e dei politici italiani. E il peggio doveva ancora arrivare. Negli ultimi anni il rais è diventato un amico dell’Italia al punto tale che ha potuto campeggiare in pieno centro a Roma, ha invitato il nostro premier a dormire nella tenda in un sacco a pelo, lui ha declinato l’offerta dicendo che si trova meglio in un letto matrimoniale.

Poi, anche in Libia, sono arrivate le rivolte popolari. La necessità di esprimere un giudizio politico e di formulare una linea di condotta sta mettendo a durissima prova le meningi del nostro dipartimento estero: manifestazioni «contrarie al regime», dichiarano i diplomatici italiani verso le 9 del mattino, verso le 16.30 correggono il testo in manifestazioni «a favore della sua politica»; i giorni pari della settimana è considerato un sanguinario dittatore, i giorni dispari un interlocutore privilegiato, il sabato un amico che sbaglia, la prima domenica del mese un povero pirla, la terza domenica uno che si veste malissimo. Nelle ore fresche del mattino viene invitato dalla nostra diplomazia a lasciare il Paese e a riconsegnarlo alle forze fresche della democrazia, invece all’approssimarsi dell’happy hour si invitano le democrazie occidentali a sostenere l’alleato di sempre contro ribelli sanguinari e terroristi.

Insomma, non è facile avere una certezza al giorno d’oggi. Così, quando leggerete l’articolo, se anche voi non saprete come giudicare Gheddafi, accendete la tv, e se i ribelli assediano il palazzo del rais sarà un dittatore, se invece i ribelli sono in fuga, aspettatevi che l’amico di Tripoli venga in campeggio a Pinarella di Cervia. 

Giacomo Poretti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo

© FCSF – Popoli, 24 marzo 2011

Un pieno di gioia.

marzo '11

Carissimi,
incomincia il periodo dell'anno più ricco di grazia, che dal Mercoledì delle Ceneri ci porta alla Pasqua della Resurrezione.
Dovrebbe essere l'identikit del nostro itinerario cristiano.
Si parte con l'anima piena di rimorsi, di peccati e di stanchezza e si giunge nell'estuario della luce e della speranza.
Perché tutti sappiamo che il dolore, la morte, la malattia non sono stagioni permanenti della vita, ma sono passaggi che ci introducono nella gioia che non ha tramonti.
La mia esortazione quindi, di amico e di vescovo, è che affrontiate sin dall'inizio, con animo deciso al cambiamento, questo tempo di salvezza.
Perché non progettate un po' di digiuno, un po' di preghiera in più, semplice e autentica che vi metta in rapporto vero con Dio? Gli altri atteggiamenti penitenziali propri della quaresima potrebbero esprimersi rinnovando i rapporti con le persone, riscoprendone il volto, facendo la pace.
Tutto il resto è chiacchiera.
Un capitale grossissimo da investire sul versante della nostra crescita comunitaria è quello che ci viene offerto dai nostri sofferenti.
Sabato prossimo celebreremo la giornata Diocesana dell'ammalato.
E io mi rivolgo a voi, protagonisti del mistero della sofferenza, perché facciate un grande offertorio della vostra povertà. Siamo in tanti. Stavolta ci sono in mezzo anch'io e guiderò il popolo della sofferenza davanti al Signore perché egli dia prosperità e pace alla nostra città.
E ora desidero rivolgermi ai giovani.
Ogni anno in quaresima abbiamo vissuto nelle nostre cattedrali incontri carichi di forza e di entusiasmo.
Anche quest'anno, nonostante la mia non presenza fisica, v'incontrerete ugualmente guidati da persone che hanno fatto esperienza di Cristo.
Sono certo che il bisogno di vedere il volto di Dio e ascoltarne il messaggio, prevalga su tutte le altre gratificazioni di amicizia, d'incontro, di tenerezza, di festa che permeano questi nostri raduni settimanali.
Comunque, cari giovani, un affettuosissimo saluto ed un augurio per tutte le cose belle, i progetti, gli affetti che coltivate nel cuore.
Per tutti voi, carissimi fedeli, il Signore faccia il pieno già in anticipo della gioia che si sprigionerà dagli otri della Pasqua.

(Tonino Bello - Messaggio in occasione dell'inizio della Quaresima - 22 febbraio 1993)

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