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il Mercoledì delle Ceneri

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marzo '11

Con il Mercoledì delle Ceneri iniziano i 40 giorni di deserto, giorni che ogni anno i cristiani si dedicano nel segno della verità e della scoperta di se stessi, giorni utili a riscoprire la solidarietà verso i fratelli e correggere il tiro se vediamo di essere fuori percorso per raggiungere il traguardo del Regno.

 Vangelo (Mt 6,1-18)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.

Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera (dispensa), chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Ora, pregando, non blaterate come i pagani; credono infatti di essere esauditi per le loro molte parole. Non siate dunque simili a loro: infatti il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima che voi gli chiediate.

E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Commento al Brano.

Giorno di digiuno oggi, in cui siamo chiamati a saltare uno o più pasti e a tenerci leggeri, per ricordare alla nostra società preoccupata del sovrappeso che troppi nostri fratelli sono inquieti per il pane quotidiano. Digiuno che ci richiama al fatto che non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Durante la celebrazione di oggi resteremo - spero - piacevolmente stupiti da quel gesto anticonformista e dispettoso delle ceneri e quel monito del celebrante che - mentre segna la nostra fronte con della leggera e grigia cenere - ci dirà: ricordati che sei polvere. Sano e politicamente scorretto invito alla verità: non siamo che polvere. Ce lo ricordassimo quando ci sbraniamo in classe, sul lavoro o in famiglia. Ce lo ripetessimo e ancora e ancora quando nelle nostre comunità troviamo il tempo di erigere barricare tra credenti e più credenti. Ce lo marchiassimo a fuoco nella memoria quando sentiamo l'insoddisfazione e la noia nascere subdoli nel cuore. Siamo polvere che Dio trasfigura e illumina, ma siamo polvere. Da questa consapevolezza partiamo per riscoprire l'essenziale, per entrare nel deserto con Cristo, per fare in modo che la nostra anima raggiunga la nostra vita!  (Paolo Curtaz ) 

Cresciamo donando

febbraio '11

Tutto ciò cui possiamo aspirare
è divenire sempre più una cosa sola.
Nel regno della natura, dominio della diversità,
noi cresciamo appropriandoci delle cose.
Nel mondo spirituale, dominio dell'unità,
noi cresciamo donando noi stessi. (Rabindranath Tagore)

Cosa fare della vita.

Possa io fare della mia vita qualcosa di semplice e diritto, come un flauto di canna che il Signore riempie di musica. (Rabindranath Tagore)

Cosa dare a Cesare, cosa a Dio?

febbraio '11

«Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Come intendere e vivere, da cristiani, questa indicazione? Cosa va a Cesare se a Dio si deve dare quello che è «suo», ovvero tutto?

L'uomo non è un rapace, che caccia da solo o in branco. È un «animale politico», ossia civile. Vive con altri: è le relazioni che ha. La città-villaggio è la prima società stabile: un agglomerato di famiglie con norme che regolano i rapporti.

Come nascono le regole? Romolo, per fondare Roma, uccise il fratello Remo. Lo stesso mito si trova in tutte le culture: la città nasce sul cadavere del fratello. Il più forte detta legge: con la sua violenza controlla quella altrui e rende possibile la convivenza. È ammirato e invidiato, uomo ideale e ideale di ogni uomo. Chi può, si ribella per prenderne il posto: chi sale al trono, è vittima designata di chi gli succede. I re - banditi coronati dal sangue sparso - dominano lo scenario del mondo. Le leggi e i libri di storia ne sono l'apologia: la cultura ufficiale (in questo senso è importante osservare la televisione) è serva dei potenti di turno.

Anche Caino è fondatore di città (Genesi 4,1-17). Però la Bibbia non dà ragione a lui, bensì ad Abele, il fratello ucciso. Per i profeti, ora come allora, l'apologia del re è apologia di reato (Giudici 9,7-15; 1Samuele 8,1-19; 2Samuele 7,1-16). Eppure non sognano un ritorno all'Eden, giardino dell'innocenza perduta. Prospettano invece la città santa, città di Dio, dove l'uomo si comporterà con il suo simile non più da lupo, ma da Dio.

I fondamentalisti, cristiani e non, pensano a due città contrapposte, una di satana e l'altra di Dio. Ma la città è una sola: l'insieme degli uomini che la abitano. Sta a noi farla progredire verso la solidarietà o regredire verso la violenza. È grande carità politica dar voce ai diritti dell'altro, cominciando dal più debole.

Cosa è di Cesare e cosa di Dio? Che dare all'uno o all'altro? Per sé tutto è di Dio, il quale però, invece di possedere, dona. Per questo nulla è da restituire a lui. Tutto è dono suo a servizio nostro. A noi la responsabilità di coltivare e custodire la vita fraterna: dare a Dio, che è Padre, è condividere con l'altro, che ci è fratello. Se non facciamo così, i suoi doni diventano strumento di divisione e di morte.

Il rapporto del cristiano con lo Stato (leggi Marco 12,13-17) è oggetto di discernimento. Gesù non volle uno Stato e neppure un partito «cristiano», possibile ago della bilancia. Non puntò, come noi, all'occupazione del potere. Fuggì come tentazione di satana ciò che a noi pare benedizione divina (cfr Luca 4,6s). Già ai suoi tempi c'erano varie posizioni: alleanza trono-altare per sostenersi a vicenda (così facevano gli erodiani), opposizione tra i due in lotta per il potere (così gli zeloti), separazione tra i due, ovvero libera Chiesa in libero Stato (così i farisei), concordato per avere privilegi reciproci (così i sommi sacerdoti e i sadducei).

La risposta di Gesù non è né avallo reciproco né ribellismo né indifferenza né concordismo. Propone, sulla linea dei profeti, una lealtà critica e condizionata. Il cristiano approva il potere nella misura in cui è per il bene comune (Romani 13,1-7); ma lo rifiuta se si fa assoluto, s'impone con forza o toglie la libertà (Apocalisse 13,1ss.). Sa «di che lagrime grondi e di che sangue». Per questo denuncia la falsità del modello «padronale» che tutti desiderano, anche i discepoli, e annuncia la bellezza di quello contrario (Marco 10,42-45). Non solo a parole, ma con la vita. Per questo il profeta, come il Battista, soffre di una malattia professionale: il taglio della testa. Ma la storia va avanti grazie a lui. Che sta nel mondo, ma non è dal mondo: suo principio non è la schiavitù all'egoismo, ma la libertà di amare.

© FCSF – Popoli (Silvano Fausti - Gesuita, biblista e scrittore)

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